Nell’attesa della FED di domani, occhi aperti sui dati delle costruzioni in Usa. Il FOMC di mercoledi’ 21 dovrebbe alzare i tassi di 75 bps, forse 100! Scenari recessivi globali: prezzi dell’energia finalmente in calo. Calma piatta sui rendimenti europei, prima della tempesta?
Timido tentativo di rimbalzo delle Borse ieri, 19 settembre, ma il nervosismo e’ palpabile, nell'attesa della nuova stretta di politica monetaria della Banca Centrale Americana (Federal Reserve – FED) che si riunisce oggi e domani, con l’annuncio dell’aumento dei tassi di interesse in calendario mercoledì 21.
Milano ha chiuso a +0,14%, a cui va aggiunto un +0,16% di “effetto stacco dividendi”. Francoforte ha segnato +0,49%, Londra era chiusa per i funerali della Regina, Parigi sottotono, ha perso -0,26%. Wall Street, dopo un avvio stentato, ha accelerato nel finale: Dow Jones +0,64%, S&P 500 +0,69% e Nasdaq +0,76%.
E’ sulla nuova mossa “hawkish” (restrittiva) della FED, mirata a raffreddare una volta per tutte l’inflazione, che si concentra da una settimana l'attenzione degli investitori, dopo il brutto dato sull’inflazione “core” negli Usa di mercoledi’ scorso: scontato un nuovo aumento di +75 punti base, ma non si esclude +100 bps.
Molti analisti prevedono un picco della “policy rate” a +4,5 % nel primo trimestre 2023, +1,0% rispetto al consenso rilevato dopo l'ultimo FOMC (Federal Open Market Commitee) di luglio. Cio’ renderebbe plausibile un ribasso delle valutazioni delle azioni, favorito anche da probabili revisioni all’ingiu’ delle previsioni di utili.
I mercati tenteranno di intuire la “stance” autunnale della FED, visto che la recessione incombe. Dopo le ultime ultime quattro conferenze stampa post-annuncio di aumento dei tassi, Wall Street ha sempre reagito positivamente, con rialzi dell’S&P500 tra +1,5 e +2,6%.
Pare evidente che il Chairman della FED Jerome Powell riesca ad essere convincente quando afferma che il quadro macroeconomico è abbastanza forte per “reggere” la quasi inevitabile recessione indotta dalla “stretta monetaria”. Staremo a vedere...
In Europa non si respira un’aria molto diversa: ieri si sono registrate le dichiarazioni del Presidente della Banca Centrale tedesca Nagel e del Vice Presidente di quella europea de Guindos, a sostegno di una politica monetaria piu’ energicamente restrittiva, in contrasto alla persistente inflazione.
I due banchieri sembravano quasi “pre-sentire” l’orribile dato tedesco di stamattina: l'indice dei prezzi di produzione ad agosto ha registrato un aumento mensile del +7,9%, lontanissimo dalle attese di +1,6%. Variazione sull’anno +45,8%!! Auch....
Sul fronte obbligazionario prevale la calma e ieri si e’ visto un leggero calo dello spread di rendimento tra BTP decennali italiani ed omologhi Bund tedeschi, a 226 punti base dai 228 di venerdì, col rendimento del BTP 10 anni benchmark a +4,05% (+4,03% venerdi’ scorso).
Sull’obbligazionario Usa il rendimento del Treasury Note 10 anni ha avvicinato ieri, 19 settembre, il livello di +3,50%, che non raggiungeva dal 2011, e stamattina lo ritroviamo appena sotto a +3,47%, mentre la scadenza a due anni rende +3,93%, ai massimi dal 2007, confermando la bizzarra inversione della “curva dei rendimenti”.
Prezzi delle materie prime energetiche in ripiegamento: ha toccato nuovi minimi da 6 mesi, in area 82 Dollari/barile, il WTI (West Texas Intermediate), poi rimbalzato sopra quota 85. Anche il prezzo del gas naturale sulla piattaforma TTF di Amsterdam e’ ben sotto i massimi oltre 300 Euro di poche settimane fa e scambia attorno ai 182/mwh, aiutando la prospettiva di rientro dai picchi estivi per l’inflazione europea.
La nuova settimana e’ partita molto male per le criptovalute: Bitcoin e’ sceso oltre -7% a 18.270 Dollari, prima di recuperare gran parte delle perdite. Pessimo avvio anche per Ethereum, che ha segnato perdite superiori al -6% verso i 1.300 Dollari, che aggravano la scivolata di oltre -20% della scorsa settimana.
Piu’ tranquillo il mercato valutario, dove l'Euro staziona attorno alla parita’ col Dollaro, e resta relativamente piu’ forte verso lo Yen giapponese, in area 143.
Stamane, 20 settembre, le Borse dell’Asia-Pacifico, dopo cinque sedute consecutive di ribassi, hanno provato a rimbalzare, con un movimento simile a quello di Wall Street di ieri sera. L’indice Bloomberg APAC ha guadagnato +0,7%, spinto dal ritrovato interesse verso i “big player” della tecnologia.
Il Nikkei giapponese ha segnato +0,4%, in concomitanza con la pubblicazione del dato dell’inflazione base, salita ad agosto a +2,8%, il livello piu’ elevato dal 2014. Tra gli altri listino, ASX200 australiano +1,3%, Sensex indiano +1,2% e Hang Seng di Hong Kong +1,2%, con l’Hang Seng Tech +2,4%, trascinato da Xpeng (auto elettriche) +11%, Semiconductor Manufacturing International +3%, e Alibaba +3,5%.
Il maggior listino continentale cinese, il CSI300 di Shanghai&Shenzen, +0,3%, non reagisce alla decisione della Banca centrale cinese di lasciare, come da previsioni, invariati i princiapali tassi di riferimento.
A fine mattinata i listini azionari europei perdono mediamente -0,7%, annullando i progressi di ieri (ore 13.00 CET). Anche i future sui mercato azionari americani anticipano riaperture in calo frazionale, nel giorno in cui saranno pubblicati i sensibili dati sui nuovi permessi di costruire e sulle aperture di nuovi cantieri negli USA.
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