La FED alzera’ i tassi di 75bps, ma la narrativa potrebbe “ammorbidirsi”.
Il mercato del lavoro Usa resta forte: FED costretta a restare “hawkish”.
Mercato obbligazionario a zig-zag, dipende anch’esso da banche centrali.
Cina verso l’abbandono della politica Covid-zero. L’economia respirerebbe…

Ieri, 1’ novembre, tra scambi ridotti, le Borse europee hanno cominciato bene il nuovo mese, proseguendo il trend positivo di ottobre: pur perdendo un po’ di slancio sul finale per l’avvio incerto di Wall Street, tutti i maggiori indici hanno chiuso in rialzo.

Milano, col +0,63%, si e’ riportata sui livelli di agosto, Londra ha battuto tutti con +1,3%, Parigi +1,0%, Francoforte +0,6%. Wall Street ha invece chiuso negativa: Dow Jone -0,25%, Nasdaq -0,89% e S&P500 -0,41%.

I mercati finanziari guardano con relativa fiducia all’esito della riunione della Banca Centrale Americana (Federal Reserve-FED) di oggi, 2 novembre. E’ dato quasi per scontato un rialzo dei tassi di interesse di +0,75%, il quarto consecutivo di tale misura, mentre sulle prossime mosse c’e’ dispersione di opinioni.

L’indebolimento di alcuni dati macro americani potrebbe indurre la FED ad un ammorbidimento del ritmo e dell’entita’ dei prossimi rialzi: per il prossimo comitato di politica monetaria (FOMC) di dicembre, il consenso prevede un aumento di 50 punti base, mentre 2 rialzi consecutivi di 25 bps sono attesi nelle riunioni di inizio 2023. Di questo passo i tassi di riferimento raggiungerebbero il 5% a marzo.

A rendere piu’ complicato lo scenario sono stati i dati sul mercato del lavoro Usa a settembre che, pubblicati nel pomeriggio di ieri, hanno sorpreso al rialzo ed inciso negativamente su Wall Street. Il perche’ e’ molto semplice: per gli operatori finanziari la forza del mercato del lavoro e’ negativa poiche’ suffraga uno scenario di ulteriore restrizione monetaria da parte della banca centrale Usa.

Il numero delle offerte di lavoro e’ risalito a 10,72 milioni, contro i 9,85 milioni attesi, sancendo il 16’ mese consecutivo sopra i 10 milioni. Sebbene qualche analista riscontri sintomi di attenuazione dell'eccesso di domanda di lavoro, la ricerca di professionisti qualificati resta forte come mai in passato.

La stima ADP (Automated Data Processing) sui nuovi occupati privati non agricoli, diffusa oggi pomeriggio, povrebbe confermare un trend ancora positivo, ma in leggero rallentamento: le stime di consenso prevedono 193 mila nuovi occupati.

Che l’economia Usa continui a spingere forte e’ testimoniato anche dalla resilienza della produzione manifatturiera, con l’Indice PMI (Purchasing Managers Index) a 50,2 (-0,7 vs agosto, ma ancora sopra la soglia 50) e dal +0,2% delle spese per le costruzioni in settembre, tornate a salire dopo 3 cali consecutivi.

Oggi, 2 novembre, la riunione del FOMC dovrebbe dunque decidere un rialzo di 75pb, portando i tassi sui “Fed funds” a 3,75-4,00%, ma soprattutto la narrativa del Presidente Jerome Powell dovrebbe rimanare “hawkish”, seppur meno che dopo le ultime riunioni.

La politica monetaria delle banche centrali e’ un tema focale in tutto il Mondo: ieri, 1’ novembre, la Reserve Bank of Australia ha alzato i tassi di 25 bps, confermando l'ammorbidimento della sua attitudine, dopo che gia’ il mese scorso aveva sorpreso positivamente gli analisti con un aumento di 50 bps, sotto i 75 attesi.

ECB (Banca Centrale Europea): il Presidente Christine Lagarde, in un'intervista ad un quotidiano lettone, ha confermato quanto gia’ espresso giovedì scorso a latere del consiglio direttivo che aveva deciso un nuovo rialzo da 75 pbs: "l'inflazione è ancora troppo alta, la scorsa settimana abbiamo aumentato i tassi per la 3’ volta consecutiva e prevediamo di alzarli ulteriormente affinche’ l'inflazione ritorni all’obiettivo del 2%".

Sul fonte macroeconomico cinese rileviamo che l'indice Caixin-Pmi manifatturiero ha segnato un gradito rialzo a 49,2 punti ad ottobre, da 48,1 di settembre, battendo il consenso di 48.5: la soglia di espansione di 50 non e’ piu’ un miraggio, anche perche’ crescenti rumors sostengono che la Cina potrebbe ridimensionare a breve la sua drastica politica Covid-Zero.

I prezzi delle materie prime energetiche mostrano una tendenza in lieve rialzo: quello del WTI (greggio di riferimento Usa) guadagna +0,3% a 88,6 Dollari/barile, mentre quello del metano, sulla piattaforma europea di riferimento TTF di Amsterdam sale del +3,6% a 121 Euro per megawattora (ore 14.00 CET).

Poche novita’ dal mercato valutario: il cambio Euro/Dollaro e’ stabile attorno a 0,99, mentre l’Euro perde -0,4% contro Yen giapponese a 145,7.

Il comparto obbligazionario vede una leggera risalita dei rendimenti dei Governativi europei: il BTP decennale italiano rende 4,31% (+5 bps da ieri), l’omologo Bund tedesco 2,15% (+2 bps), da cui discende un leggero allargamento dello spread a 216 bps (ore 14.00 CET).

In buon recupero dai minimi toccati a inizio settimana i maggiori indici azionari cinesi: tra tutti spicca l’Hang Seng, che col +2,4% di questa mattina guadagna +6,3% nelle prime 3 sedute della settimana. Bene anche CSI300 di Shanghai&Shenzhen, +1,2%. Attorno alla parita’ sia il Nikkei giapponese, -0,1% che il Kospi coreano, +0,1%.

A fine mattinata gli indici azionari europei ed i futures Usa sono senza direzione (ore 14.00 CET).

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